La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disordine endocrino e metabolico caratterizzato da eziologia e patofisiologia complessa. Studi recenti hanno rivelato una stretta relazione tra alterazioni del microbiota intestinale e alcuni parametri clinico-metabolici riscontrati in donne affette da PCOS. Queste evidenze suggeriscono un ruolo critico per il microbiota intestinale nella patogenesi di questa sindrome (1,2).
PCOS e microbiota intestinale
Generalmente, il termine “microbiota” si riferisce a tutti quei microrganismi (batteri, archea, protozoi, funghi, ecc.) che popolano e colonizzano diverse superfici del corpo umano, come pelle, bocca, sistema gastrointestinale, vagina (3).
La composizione di ciascuna comunità microbica è specifica per ogni sito e dipende da diversi fattori relativi all’ospite: i nutrienti disponibili, i livelli ormonali, la genetica, l’età (4,5). Numerose pubblicazioni scientifiche suggeriscono che alterazioni nella composizione del microbiota, denominate disbiosi, possano influire su processi fisiologici cruciali con conseguente insorgenza di patologie croniche come malattie infiammatorie intestinali, diabete di tipo 2, obesità, PCOS (6-13).
La PCOS è una condizione patologica eterogenea principalmente caratterizzata da tre manifestazioni cliniche (14):
- disturbi del ciclo mestruale,
- segni di iperandrogenismo,
- ovaio multifollicolare o policistico.
Tuttavia, al di là di questi segni classici, la maggior parte delle donne affette da PCOS presenta disbiosi gastrointestinale (15), considerata uno dei meccanismi coinvolti nello sviluppo della sindrome.
Fisiologicamente l’intestino umano è popolato principalmente da cinque Phyla batterici: Bacteroides (B), Firmicutes (F), Actinobacteria, Proteobacteria e Verrucomicrobia, di cui i primi due sono i più abbondanti.
La disbiosi intestinale consiste in uno squilibrio di queste popolazioni microbiche ed è spesso accompagnata da un rapporto F/B alterato e invertito. La disbiosi gastrointestinale associata alla PCOS consiste in particolare nella riduzione dell’α-diversità (numero di specie batteriche presenti nella stessa persona) e nell’alterazione nella β-diversità (diversità di specie batteriche tra soggetti malati e sani) del microbiota intestinale (16,17)…
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